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Marsiglia sotto tiro: quanti morti ci vorranno per cambiare le cose?

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L’omicidio di un ventenne nel 4ᵉ arrondissement di Marsiglia, avvenuto il 13 novembre, ha fatto ripiombare la città nel tumulto del mortale traffico di droga. La vittima, Mehdi Kessaci, era il fratello minore dell’attivista Amine Kessaci, figura di spicco della lotta al narcotraffico, la cui famiglia è stata colpita due volte da violenze estreme. Il fratello maggiore, Brahim, era stato ucciso cinque anni prima in un altro omicidio legato alla droga.

Mehdi è stato ucciso in pieno giorno mentre parcheggiava l’auto vicino al County Council. Due uomini in moto si sono fermati e uno di loro ha aperto il fuoco con una pistola da 9 mm, colpendo il giovane più volte. Nonostante il rapido intervento dei servizi di emergenza, non è stato possibile salvarlo. Sconosciuto alla polizia e senza precedenti penali, sperava di entrare nelle forze dell’ordine e si stava preparando a sostenere nuovamente l’esame di ammissione.

Per gli inquirenti, la possibilità di un avvertimento mirato è reale. Il procuratore di Marsiglia, Nicolas Bessone, ha confermato che “non c’è dubbio che si tratti di un omicidio premeditato. Abbiamo a che fare con un contratto che è stato eseguito su questo giovane”.

Tale ipotesi fa temere che i gruppi criminali stiano intensificando i loro metodi prendendo di mira i parenti di personaggi pubblici che denunciano l’influenza del traffico di droga.

L’emergere di una giovane voce contro la violenza

A soli 22 anni, Amine Kessaci è diventata una figura di spicco a Marsiglia. Originario di Frais Vallon, da adolescente ha fondato l’associazione Conscience per aiutare i giovani a sfuggire alle grinfie della criminalità organizzata e sostenere le famiglie devastate dalle sparatorie. Il suo attivismo si è intensificato dopo l’omicidio di Brahim nel 2020, evento che descrive come il catalizzatore del suo impegno politico.

I suoi interventi hanno attirato l’attenzione nazionale. Durante la visita di Emmanuel Macron a Marsiglia nel 2021, ha esortato il presidente: “Non ha senso venire con un piano fatto su un aereo…. Dovete costruire questo piano con noi”.

Il suo approccio ha segnato l’emergere di una nuova generazione che rifiuta di accettare il fatalismo del traffico di droga e i suoi effetti sui quartieri.

Da allora, Amine Kessaci si è candidato alle elezioni sotto la bandiera degli Ecologisti, poi del Nuovo Fronte Popolare. Recentemente ha anche pubblicato Marseille, essuie tes larmes. Vivre et mourir en terre de narcotrafic, un libro che mescola testimonianze oculari e critica politica. Nelle settimane precedenti alla morte del fratello, viveva sotto protezione della polizia a causa di minacce esplicite legate al suo attivismo.

Il ciclo infinito della violenza a Marsiglia

L’omicidio di Mehdi è il 14ᵉ omicidio legato alla droga registrato quest’anno a Marsiglia, un’illustrazione impressionante di una città intrappolata in un ciclo di guerre per il territorio, rappresaglie e proliferazione di giovanissimi uomini armati. Le autorità locali, tra cui il vicedirettore della polizia e il sindaco Benoît Payan, si sono immediatamente recate sul luogo del delitto, denunciando la gravità di un caso che ha sconvolto anche una città da tempo abituata alla violenza.

Per molti residenti e attori locali, questa tragedia mette ancora una volta in luce i limiti delle risposte tradizionali al traffico di droga. Le operazioni di polizia, l’aumento delle pattuglie e le campagne su larga scala “Piazza pulita” non sono finora riuscite a frenare l’espansione delle reti o a prevenire l’escalation di omicidi. Come ha detto un magistrato a Blast: “Stiamo facendo la stessa cosa da 20 anni… e non sta andando da nessuna parte”

Associazioni, magistrati e alcune voci politiche sostengono la necessità di soluzioni strutturali più profonde, che affrontino la povertà, l’esclusione economica e le reti radicate che prosperano laddove lo Stato si ritira. Il dibattito su possibili quadri normativi o alternativi riemerge ogni volta che la violenza raggiunge il suo apice, ma senza portare a una trasformazione politica sostanziale.

Gli effetti del proibizionismo

Numerose opere accademiche ed enciclopediche descrivono da tempo gli effetti paradossali della proibizione delle droghe.

Secondo l’Encyclopaedia Britannica, i rigidi divieti hanno storicamente spinto i mercati alla clandestinità, dove i prodotti non sono controllati dalle istituzioni ma da gruppi criminali che prosperano sulla scarsità e sugli alti margini di profitto.

L’Oxford Research Encyclopedia of Criminology nota analogamente che il proibizionismo “tende ad aumentare la violenza trasferendo la regolamentazione del mercato dalle autorità statali ai gruppi armati”, un modello visto in Paesi diversi come gli Stati Uniti durante il proibizionismo dell’alcol, il Messico negli anni 2000 e le città portuali europee che si trovano ad affrontare la concorrenza tra reti.

Queste analisi non si schierano a favore o contro una politica specifica, ma evidenziano un meccanismo strutturale ricorrente: quando un mercato proibito rimane altamente redditizio, la repressione da sola non riesce a eliminare la domanda, mentre le organizzazioni criminali consolidano il loro controllo attraverso la coercizione.

La situazione di Marsiglia, con il suo consolidato commercio di droga e le ricorrenti vendette, è spesso citata dai ricercatori come esempio europeo di questa dinamica.

Il dolore di una famiglia, lo specchio di una città

Per la famiglia Kessaci, la tragedia di novembre riaccende un dolore insopportabile. “Nessuna madre dovrebbe passare questo momento: perdere due figli”, ha dichiarato la consigliera comunale Christine Juste. Le persone vicine alla famiglia descrivono Mehdi come un giovane impegnato che sosteneva la lotta del fratello ed era attivamente coinvolto in Conscience.

Al di là del dolore individuale, questo caso rivela il costo umano a lungo termine del traffico di droga e del proibizionismo sulle comunità dei quartieri popolari di Marsiglia. Ogni omicidio non è solo una statistica, ma una frattura nelle famiglie, nella fiducia collettiva e nei fragili sforzi per recuperare questi territori dalla morsa delle economie criminali.

Mentre Amine Kessaci piange un altro fratello, molti temono cosa significhi questo attacco per gli attivisti che rifiutano di essere messi a tacere. E ancora una volta Marsiglia, spesso usata per dispiegare nuove operazioni di comunicazione antidroga, deve affrontare una domanda a cui non può sfuggire: quante tragedie saranno necessarie prima che emergano soluzioni reali?

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