In un’importante battuta d’arresto per il tentativo del governo italiano di reprimere l’industria della canapa, un tribunale di Parma ha dato ragione all’imprenditore Luca Marola, fondatore di EasyJoint, sostenendo che i fiori di canapa e i loro derivati sono legali ai sensi della legge dell’Unione Europea.
La decisione arriva dopo sei anni di battaglie legali, culminate con l’assoluzione di Marola dalle accuse di traffico di droga e possesso illegale in seguito a un raid della polizia nel 2019.
Marola, la cui azienda era un tempo leader del mercato italiano nei prodotti di canapa a basso contenuto di THC, era stato accusato di reati di droga dopo che le autorità avevano sequestrato più di 650 kg di fiori di canapa industriale e 19 litri di olio di canapa. Alla fine, il tribunale ha ritenuto che le accuse non sussistessero, respingendo la tesi dell’accusa e scagionando il signor Marola da tutte le accuse.
“Questa indagine è stata grottesca”, ha dichiarato Marola dopo il verdetto. “Hanno distrutto un magazzino del valore di 2 milioni di euro e la prima attività di cannabis light in Italia”
Il controverso decreto
La decisione contesta direttamente il decreto sicurezza introdotto dal Primo Ministro Giorgia Meloni in aprile. Approvato senza dibattito parlamentare con poteri di emergenza, il decreto criminalizza la coltivazione di canapa attiva, la sua vendita e il possesso di composti non psicoattivi come CBD, CBG e CBN, classificandoli come stupefacenti.
I critici lo hanno definito un “decreto repressivo”, avvertendo che ignora le prove scientifiche e viola sia le regole del mercato interno dell’UE sia la Costituzione italiana. L’articolo 18 del decreto prevede anche nuove classificazioni e sanzioni penali non legate alla canapa, sollevando preoccupazioni sulle motivazioni ideologiche più ampie del decreto.
“Questa sentenza demolisce la teoria ideologica secondo cui i fiori e gli oli di canapa sono droghe, indipendentemente dal loro contenuto”, ha dichiarato Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle. “Manda un messaggio chiaro: vietare tutto per ideologia distrugge solo le imprese e sconvolge le vite”
Conflitti costituzionali e con l’UE
L’avvocato difensore Giacomo Bulleri ha sostenuto al processo che la posizione dell’Italia sulla canapa industriale è contraria al diritto europeo.
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La Corte di Giustizia Europea ha già stabilito che il CBD non è un narcotico e non può essere limitato senza prove scientifiche della sua nocività. Gli esperti legali italiani, tra cui il professor Alfonso Celotto, sostengono che le leggi nazionali contrarie alle disposizioni europee dovrebbero essere ignorate.
Mentre un tribunale regionale del Lazio ha recentemente confermato un divieto sui prodotti a base di CBD per via orale per motivi di salute pubblica, molti esperti ritengono che queste preoccupazioni siano esagerate e non supportate da un consenso scientifico.
Il deputato del Partito Democratico Stefano Vaccari ha definito la decisione di Parma “la prima risposta alla furia ideologica del governo Meloni”, sottolineando che i fiori di canapa non sono considerati stupefacenti dalla legge italiana.
Conseguenze per l’industria
Il decreto del governo ha causato un danno considerevole al settore della canapa in Italia, che sostiene più di 3.000 imprese e impiega circa 23.000 persone. Il valore stimato del settore prima della repressione era di circa 2 miliardi di euro. Dopo il divieto, molte aziende hanno chiuso o sono finite in un limbo legale.
“In una notte i produttori agricoli onesti sono stati trasformati in criminali”, ha dichiarato Canapa Sativa Italia, una delle tante associazioni di categoria che ha impugnato il decreto in tribunale.
Nonostante le crescenti reazioni a livello nazionale e internazionale, il governo Meloni non ha intenzione di revocare il decreto. Si attende ora che la Commissione europea valuti la compatibilità della legge con le norme commerciali dell’UE e che il Parlamento italiano decida entro i primi di giugno se ratificare o respingere il provvedimento. Il Presidente Sergio Mattarella deve ancora firmare il decreto per renderlo legge permanente.
Come si è arrivati a questo?
Lo scontro tra il governo italiano e l’industria della canapa è il risultato di una lunga battaglia ideologica. Mentre l’UE offre protezione legale ai prodotti con un basso contenuto di THC, il governo Meloni ha scelto di considerare la canapa come una minaccia per la sicurezza pubblica, senza basare la sua politica sulla ricerca scientifica o su argomenti economici.
La sentenza del tribunale di Parma pone fine a questa retorica e crea un precedente legale che permetterà di continuare la resistenza. Per molti operatori del settore è anche una vittoria morale, la prova che esistono ancora meccanismi legali e democratici per contestare leggi sproporzionate e politicamente motivate.
Mentre si preparano ulteriori azioni legali e l’UE osserva attentamente la situazione, l’industria italiana della canapa sta lottando non solo per la sua sopravvivenza, ma anche per il riconoscimento come parte legittima dell’economia agricola europea. Nelle parole dei leader del settore: “Il mondo della canapa industriale non è disposto a subire in silenzio decisioni illogiche e incostituzionali”