Coltivare cannabis in casa, se le piante sono poche e destinate all’uso personale, non è un reato in Italia, secondo una decisione precedente della Corte di Cassazione italiana del 19 dicembre.
L’organo supremo della Corte ha stabilito che “le più piccole attività di coltivazione svolte in casa, che, a causa delle tecniche rudimentali, del piccolo numero di piante, della quantità molto ridotta di prodotti che si possono ottenere, dell’assenza di altri indicatori di inserimento nel mercato della droga, sembrano essere destinate esclusivamente all’uso personale del produttore, non sono un reato In altre parole, se la coltivazione domestica è solo per uso personale e non influisce sulla salute pubblica, la coltivazione di piccole quantità di cannabis è legale.
La legge sulla cannabis in Italia è stata disseminata di decisioni contraddittorie. Già nel 2011 la Corte Suprema aveva stabilito che la coltivazione di una pianta di cannabis non poteva essere considerata pericolosa per la sicurezza e la salute pubblica e quindi era legale. Questa sentenza era in contrasto con l’interpretazione della Corte Costituzionale italiana secondo cui la coltivazione di piante da cui si possono estrarre sostanze stupefacenti è sempre un reato, indipendentemente dalla quantità e dall’uso previsto, ed è stata ribadita nel 2016 da una sentenza della stessa corte.
Matteo Mantero, un senatore già molto attivo sulla questione della cannabis leggera, ha invitato i deputati a prendere questa decisione e a legiferare.
“Ancora una volta la giurisprudenza sostituisce un legislatore codardo. La Corte di Cassazione ha aperto la strada, ora tocca a noi”, ha commentato il senatore su Facebook. “Fino a questa storica sentenza, comprare cannabis da uno spacciatore, alimentando reti criminali e mettendo a rischio la sua salute con prodotti dubbi, non è un reato, mentre coltivare certe piante sul suo balcone per uso personale potrebbe costarle la prigione.
Ora, continua Mantero, “questo mette fine ad una legge che affidava alla mafia il mercato monopolistico delle droghe leggere. È arrivato il momento che i legislatori si sveglino, smettano di sottrarsi al loro dovere e si decidano ad affrontare questi problemi ‘scivolosi’ o ‘divisivi’, qualunque siano questi aggettivi”, scrive Mantero. Poi conclude: “La mia proposta di regolare l’autoproduzione è stata già presentata all’inizio della legislatura, può essere un punto di partenza. Facciamolo”
Contraddizioni risolte
La decisione della Corte Suprema è arrivata dopo una sentenza su un caso di coltivazione di 2 piante di cannabis (una alta 1 metro con 18 rami, l’altra alta 1,15 metri con 20 rami), che in prima istanza aveva fatto guadagnare all’imputato un anno di prigione e una multa di 3.000 euro.
La decisione mette fine ad una serie di sentenze contraddittorie che tenevano o meno conto dello scopo della produzione e delle possibili quantità prodotte.
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