José “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay e primo leader mondiale a legalizzare la cannabis ricreativa per gli adulti nel 2013, è morto all’età di 89 anni.
Ex guerrigliero e prigioniero politico, Mujica sarà ricordato non solo per il suo stile di vita austero e la sua leadership morale, ma anche per aver promosso diverse riforme progressiste, tra cui la legalizzazione della cannabis.
Una visione radicata nella giustizia sociale
Nel 2013, mentre molti governi mantenevano ancora rigide proibizioni, l’Uruguay è diventato il primo Paese al mondo a legalizzare la cannabis ricreativa per gli adulti. Mujica, allora presidente, chiarì che l’obiettivo non era promuovere il consumo, ma privare le reti del narcotraffico del loro potere e proteggere la popolazione.
Come ha detto lui stesso: “La lotta al narcotraffico non si vince con le pallottole. Si vince togliendo loro il mercato.”
La sua condanna è stata il frutto di decenni di sacrifici personali. Avendo sopportato il carcere sotto una dittatura militare, Mujica conosceva bene il prezzo della repressione statale. Il suo approccio alla riforma della cannabis rifletteva una visione più ampia: quella della salute pubblica, della libertà individuale e della politica razionale.
Un decennio di cannabis legale in Uruguay
Oggi il sistema uruguaiano della cannabis, giunto al suo primo anno, opera attraverso tre canali strettamente regolamentati: la cultura domestica, i cannabis club per soli soci e le vendite in farmacia. Secondo Javier Hasse, collaboratore della rivista Forbes, all’inizio del 2025 più di 100.000 uruguaiani erano ufficialmente registrati nel sistema legale:
- 75.498 ottengono la cannabis dalle farmacie
- 15.162 sono membri di cannabis club
- 11.465 sono coltivatori amatoriali autorizzati
Anche se solo 40 farmacie offrono prodotti a livello nazionale, questo modello ha dimostrato chiari benefici per la salute pubblica. Le indagini nazionali indicano che il consumo problematico di cannabis rimane basso, pari al 2,1%, mentre l’età media di insorgenza è aumentata da 18 a 20 anni. L’accesso legale rappresenta ora il 37% del consumo totale di cannabis nel Paese.
“L’impatto positivo è dimostrato“, ha detto Mercedes Ponce de León, direttore di Expo Cannabis Uruguay, durante una presentazione alla Conferenza C-Days 2025 di Barcellona.
Influenza globale, sfide locali
Il modello pionieristico dell’Uruguay è servito da punto di riferimento per altri Paesi. La Germania, che ha legalizzato il consumo personale di cannabis nel 2024, ha preso direttamente in prestito elementi come i club di cannabis con licenza e la coltivazione domestica. Anche il Canada e la Colombia hanno sviluppato i loro quadri normativi basandosi sull’approccio sanitario dell’Uruguay.
Tuttavia, il modello di Mujica non è privo di limiti. I prodotti offerti sono limitati al 20% di THC, si presentano principalmente in forma di fiore e sono spesso difficili da trovare al di fuori delle aree urbane. Anche le ambizioni di esportazione sono state ostacolate da difficoltà logistiche e politiche.
Come ha avvertito la signora Ponce de León, “se il quadro normativo non viene aggiornato, il modello rischia di diventare puramente simbolico”.
L’effetto Mujica: oltre la politica
L’influenza di Mujica si è estesa oltre la legge e la politica, fino alle basi genetiche della cannabis stessa. Nel 2013, la sua amministrazione ha invitato i coltivatori a presentare varietà per la catena di approvvigionamento dell’Uruguay.
Javier “El Zurdo” González, fondatore di Positronics Seeds, ha fatto selezionare le sue cultivar per il programma nazionale. Oggi queste varietà sono conservate nella banca genetica globale di Svalbard.
“Mujica mi ha reso una persona migliore”, ricorda González in un’intervista. Il suo impatto, sia politico che biologico, è ora parte integrante della storia della cannabis.
La legge di José Mujica sulla legalizzazione della cannabis non era un liberismo fine a se stesso. Si trattava di dignità, responsabilità e libertà di fronte alla paura. Ha parlato con chiarezza, ha vissuto con modestia e ha agito con coraggio quando nessun altro leader lo avrebbe fatto.
Come ha scritto El Planteo, “è stato il presidente che ha seminato il futuro prima di chiunque altro.”
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