Nel panorama dei concentrati di cannabis, pochi paragoni suscitano tante discussioni come quello tra colofonia e resina. Sebbene i loro nomi siano simili, rappresentano tradizioni estrattive molto diverse.
La resina, ovviamente associata all’hashish tradizionale, si ottiene raccogliendo meccanicamente i tricomi appiccicosi della pianta, mediante sfregamento manuale, setacciatura o separazione con acqua ghiacciata. La colofonia, invece, si ottiene dall’hashish o dal materiale setacciato, poi sottoposto a calore e pressione, producendo un concentrato senza solventi apprezzato per la sua purezza e il suo carattere tradizionale.
Sebbene entrambi i prodotti provengano dagli stessi tricomi microscopici che contengono cannabinoidi e terpeni, le tecniche che li hanno creati – e le esperienze che offrono – evidenziano due approcci distinti per rendere omaggio alla pianta.
Cosa sono i tricomi e i terpeni?
Prima di esplorare i metodi, è importante capire cosa i coltivatori stanno cercando di catturare. I tricomi sono strutture ghiandolari che contengono la maggior parte dei cannabinoidi e dei terpeni ricercati nelle estrazioni. Inizialmente trasparenti, i tricomi diventano ambra e poi marroni con la maturazione della pianta.
I terpeni, invece, non sono unici della cannabis. Si tratta di un’ampia classe di composti aromatici e oleosi presenti nelle piante, che agiscono come segnali chimici, insetticidi o anche fungicidi. Nella cannabis, definiscono gran parte dell’esperienza sensoriale, dalle note agrumate a quelle terrose o spinose.
La sfida per i produttori di concentrati è estrarre questi composti in modo da preservare il profilo organolettico della pianta.
Metodi di estrazione: solventi, acqua, setacciatura a secco…
Sono state utilizzate diverse tecniche per accedere ai composti bloccati nei tricomi.
Le tradizionali estrazioni con solventi (utilizzando butano o propano) possono fornire un’estrazione a basso costo, ma comportano anche rischi dovuti ai gas infiammabili e ai solventi tossici che devono essere eliminati dal materiale estratto
, come la separazione dell’acqua ghiacciata, sono più sicure ed economiche, ma possono catturare meno terpeni.
Il tamisaggio secco offre un’opzione “vecchio stile”, ma spesso introduce sostanze vegetali nel prodotto finale, alterandone il sapore.
Più recentemente è entrata in campo la trasduzioneultrasonica, che promette rese più elevate ma richiede attrezzature costose.
È da questi metodi che rosina e resina divergono in modo più evidente.
Rosina: l’arte della purezza senza solventi
La colofonia fa parte della famiglia dei concentrati senza solventi. È spesso considerata la forma più “pulita” o “semplice” di concentrato, poiché non utilizza solventi chimici. Viene prodotto in due fasi:
- Preparazione dell’hashish – I tricomi vengono separati dalla pianta utilizzando acqua ghiacciata o setacci
- Pressatura – L’hashish così ottenuto viene sottoposto a calore e pressione, originariamente utilizzando strumenti di fortuna come ferri per raddrizzare i capelli, ma oggi utilizzando presse specializzate
Si può anche ricavare direttamente dai fiori secchi, con alcune varietà più adatte di altre.
La temperatura di spremitura varia generalmente tra i 100°C e i 120°C. Questo calore è essenziale per liberare il concentrato, ma comporta inevitabilmente la perdita di alcuni terpeni volatili.
La rosina è spesso difficile da resinificare e rende solo circa il 10-20% dai fiori.
Questa bassa resa spiega perché la colofonia tende ad essere più costosa. Tuttavia, molti appassionati apprezzano il suo profilo fedele alla pianta, lodando il suo gusto non lavorato e che riflette l’essenza originale del fiore, anche se alcuni terpeni vanno persi.
Resina: efficacia e conservazione dei terpeni
La resina, meglio conosciuta nella sua forma tradizionale come hashish, si ottiene separando meccanicamente i tricomi della pianta. Esistono diversi metodi:
- Setacciatura a secco, in cui i fiori secchi vengono strofinati su setacci fini per raccogliere le ghiandole di resina
- Separazione con acqua ghiacciata, spesso chiamata “bubble hash“, che consiste nel rompere i tricomi con acqua fredda e agitarli, quindi filtrarli attraverso sacchetti a rete
- Sfregamento a mano, ancora praticato in regioni come il Nepal o l’India settentrionale, dove la cannabis fresca viene fatta rotolare delicatamente tra i palmi delle mani per accumulare la resina appiccicosa
Queste tecniche non richiedono solventi, ma solo pazienza e un’attenta manipolazione. Il prodotto risultante può variare in purezza a seconda del metodo utilizzato: il setaccio a secco può contenere materia vegetale, dando un sapore più erbaceo, mentre la separazione ad acqua produce un hashish più pulito, simile alla sabbia, se correttamente essiccato.
I vantaggi della resina sono ovvi: è economica, relativamente facile da produrre e profondamente radicata nella storia della cannabis. I suoi svantaggi sono altrettanto ovvi: i rendimenti sono limitati e, se non prodotta con cura, può trattenere impurità o umidità che influiscono sul sapore e sulla stabilità.
Confronto tra resina e colofonia
Sebbene entrambe si basino sui tricomi, la resina e la colofonia differiscono per diversi aspetti fondamentali:
- Metodo di produzione: la resina viene raccolta meccanicamente tramite setacciatura, lavaggio o sfregamento. La colofonia viene creata pressando l’hashish sotto calore e pressione
- Purezza: la resina può contenere piccole quantità di materiale vegetale; la colofonia tende a essere più pulita, ma può perdere alcuni terpeni durante la pressatura
- Sapore: la resina di cannabis è spesso più aromatica e conserva un più ampio spettro di terpeni. La colofonia è apprezzata per il suo sapore “non lavorato”, ma a volte ha una nota diversa a causa della perdita di terpeni
- Rendimento e costo: la resina è più facile ed economica da produrre. La colofonia produce meno e costa di più, ma è apprezzata come prodotto artigianale privo di solventi
- Consistenza: la resina è relativamente semplice da produrre in modo costante. La colofonia è “molto delicata”, con un maggior numero di variabili che influiscono sulla qualità
Tuttavia, la potenza è generalmente simile. La resina e la colofonia raggiungono in genere il 60-70% di THCA o CBDA, collocandosi ben al di sopra del fiore tradizionale in termini di concentrazione di cannabinoidi.
Una nota sulla resina viva
Per complicare le cose, i mercati anglosassoni offrono anche resina viva (live resin) che, nonostante il nome, non ha nulla a che fare con la resina tradizionale. La resina viva viene prodotta utilizzando solventi come il butano, e la sua particolarità è che utilizza piante appena congelate per preservare il maggior numero possibile di terpeni.
Il risultato è un concentrato altamente aromatico con rese più elevate, ma appartiene a una diversa famiglia di estratti. La somiglianza terminologica spesso confonde i consumatori, ma i processi e le filosofie alla base della resina viva e della resina tradizionale sono completamente diversi.
Gli anglosassoni si riferiscono anche a qualsiasi concentrato privo di solventi come “hashish”, ma questa è un’altra storia 🙂
La scelta del consumatore: tradizione, artigianato o efficienza?
La scelta tra resina e colofonia si riduce spesso ai valori, oltre che ai gusti. I consumatori che preferiscono l’eredità dell’hashish e un’esperienza ricca di terpeni possono scegliere la resina. Chi preferisce la purezza senza solventi e la tradizione artigianale può preferire la colofonia, anche a un prezzo più alto.
Per alcuni la decisione dipende dalla situazione in cui si trovano. La resina è accessibile e tradizionale, mentre la colofonia è raffinata e innovativa.
Entrambe rimangono essenziali per la coltivazione della cannabis: la resina, la pietra miliare storica della produzione di concentrati, e la colofonia, il perfezionamento moderno di quella tradizione. Insieme, dimostrano come la chimica della pianta possa essere celebrata sia con metodi antichi che con l’artigianato contemporaneo.
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